Quando Alessandro La Marmora ideò per l’esercito piemontese il Corpo dei "Bersaglieri" esistevano in altri eserciti europei specialità analoghe, ma, a dire dello stesso La Marmora, queste truppe "essendo frammischiate colla fanteria leggiera per sostenersi reciprocamente", in realtà si danneggiavano vicendevolmente "avendo modo di combattere affatto opposto".
La specialità da lui proposta, invece, doveva essere in
grado di operare con spiccata autonomia e, quindi,
doveva comprendere uomini particolarmente addestrati al
tiro e pronti ad agire, pressoché isolati, per aprire il
fuoco a adeguata portata e concentrarlo su un punto
dello schieramento nemico col preciso intento di "sorprendere,
disturbare e sconvolgere i piani nemici".
Definiti così i compiti tattici di questo nuovo corpo di fanteria, il La Marmora si dedicò a studiare gli altri dettagli (scelta degli uomini, ordinamento, addestramento ....) e particolare attenzione pose alla realizzazione di un equipaggiamento ed armamento adeguati e funzionali.
Anche nell’abbigliamento dei suoi uomini La Marmora si dimostrò un innovatore, ricco di senso pratico e di buon gusto.
La qualità prima del bersagliere dovrà essere la leggerezza che non deve però, andare disgiunta da una certa robustezza di equipaggiamento, diceva La Marmora che l'abbigliamento del Bersagliere doveva essere "più leggero e più indipendente del fante, ma con quaranta cartucce in più".
Occorreva quindi “ridurre il peso ai minimi termini col togliere il superfluo, scegliere oggetti che richiedono poco tempo per la cura mercé la qualità della materia loro; esimersi per quanto si può dalla vista del nemico mediante la scelta dei colori oscuri e tenere presso di sé quanto fa d’uopo per difendersi dal freddo massimo, dalle intemperie alpine, dalla dirotta pioggia e dalla fame”.